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Descrizione
Un vortice denso e scherzoso di riff fragorosi e sacrale ribellione rauca, come se qualcuno avesse deciso di preparare nel garage un cocktail proibito di techno, metal e hip-hop rauco, per poi cuocerlo a fuoco vivo con una drum machine. La voce strappa l'immagine a brandelli: ora è una risata demoniaca, ora una confessione in tono elevato, ora una battuta volgare che fa ridere e allo stesso tempo mette leggermente a disagio. Le ripetizioni delle frasi sono come un incantesimo che non ti fa dormire e ti fa battere la testa a tempo.
Qui regnano divieti e tentazioni: “duro e morbido”, “frutto proibito”, scene in cui il prete si strappa la tonaca e invita a ballare - tutto questo sembra una fiera caricaturale dell'inquietudine religiosa. All'interno c'è una caustica ironia nei confronti dei costumi altrui: si cerca di governare con i divieti, ma giù, nel garage, si pratica un altro culto - più rumoroso, più rozzo, più sincero. E in questo conflitto si percepisce un entusiasmo quasi infantile: sì, si può litigare, si può scherzare al limite, l'importante è non perdere il ritmo.
Un diario appassionato e leggermente provocatorio di sogni notturni: dopo la prima strofa rimane la sensazione che da qualche parte dietro ci sia un drago rovente che balla la lambada, mentre sul palco c'è un carnevale di angeli feriti e clown. La musica sembra strizzare l'occhio e suggerire sottovoce: smetti di credere a tutte queste istruzioni, accendi il ritmo e guarda chi viene a ballare.
Testo e traduzione
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