Saint Tropez

Una sensazione soporifera, come se il mondo fosse stato riposto in una valigia sulla pista di decollo: le palme proiettano la loro ombra, le risate coprono la tristezza e da qualche parte lì vicino si dispacchettano nuove piccole gioie: il caffè del mattino, una camicia pulita, un appartamento che profuma di prima serata. Tutto è presentato come una leggera ambiguità: un dolce dolore e un sollievo allo stesso tempo, come se la memoria calpestasse le spiagge e non osasse entrare in casa.

Fare le valigie “come un uomo d'affari” è quasi un rituale: sette voli, un biglietto e una dozzina di messaggi persi, Internet smette di arrivare alle cose più importanti. Ho dimenticato di avvisare, ma non importa, la vita è troppo grande per resoconti dettagliati; la melatonina e il sonno salvano dalla serietà dei piani. Tutto questo trambusto si trasforma in una dolce ironia: l'importanza è riposta in una tasca con cerniera, la serietà in una tasca per i passaporti.

Alla fine rimane una leggera scrollata di spalle, non per la stanchezza, ma per la sorpresa: cose nuove, interni nuovi, una colazione che ci si può permettere e quella semplicissima costanza, tre accordi di realtà su cui si regge silenziosamente il mondo.