Striscia

La voce percorre i vicoli stretti di Milano, come se recitasse frammenti di un vecchio spettacolo di intrattenimento e allo stesso tempo cercasse di essere seria, risultando in una ballata comica e un po' malinconica sul tempo e sul desiderio di essere notati. Riferimenti televisivi, scene di stazione e un travestimento in maschera danno l'impressione che tutto questo sia un concerto di piccole sconfitte, servite con un ampio sorriso quasi farsesco. L'imbarazzante combinazione di auto-deprecazione e sfacciata bravata trasforma i versi in un appunto di diario, dove ogni strofa è una risata sardonica sulla propria stanchezza e sullo scontro con la moda, la giovinezza e le abitudini. Dettagli divertenti e patetici, il tentativo di comprare l'attenzione con 200 euro, le riflessioni sull'età e l'inadeguatezza alle tendenze suonano come una confessione calda e leggermente sarcastica della strada, che ha smesso da tempo di credere nel lieto fine, ma continua comunque a fingere.